Il tarlo è una brutta bestia, agisce invisibile ma inesorabile. Nel 2017 ero stato in Islanda con una bella combriccola per partecipare al festival del ghiaccio organizzato dal club alpino Islandese, ma a causa delle pessime condizione il festival era stato annullato e pur riuscendo a scalare e divertendoci molto un pò di amaro in bocca era rimasto.
Più l’inverno 2018 si mostra invitante e più il tarlo lavora: “sarebbe bello tornare là”, “son da solo però”, “su c’è Matteo però e conosci già varia gente…”, “è un viaggione, chissà qanto costano i biglietti…”, “controlla…”, “non sei granchè in forma…”, “chettefrega, alla peggio mandi avanti lui…”.
Una serie di belle foto dal compare Islandese e la notizia che il festival si terrà nella stessa località prevista nel 2017, i fiordi dell’Est, mi convince, rapido scambio di messaggi, biglietti ed una settimana dopo mi ritrovo in aereo solo soletto destinazione Reykjavik.
Gia al mio arrivo si annusa aria diversa, neve al suolo, tempertura sotto zero e stelle ben visibili, altro che pioggia e umidore!
Matte i primi giorni deve lavorare ma mi ha gia trovato compagnia per Lunedi e Martedì, eccomi quindi impegnato entrambi i giorni a scalare due delle classiche a Múlafjall, un classico settore  ad un ora dalla citta con cascate alte fino a 120m, avvicinamento di una mezz’ora e parcheggio a pelo d’acqua. Risandi (II/4) e Stigandi (II/4+) si dimostrano assolutamente all’altezza come condizioni e bellezza, e come gia ricordavo il grado Islandese è un pelo più severo del nostro principalemente perchè non ci sono mai segni di passaggio. Grazie mille Jon Gauti, Bjartur e Brecht.
Arriva così Mercoledì e l idea di partire a metà giornata con Matteo e Bjartur alla volta dell’est per spezzare il viaggio (sono più di 700 km). Arriviamo così alle 17:00 al piccolo paesino di  Kirkjubæjarklaustur e mentre io gia penso alla cena vedo loro scendere e prepararsi. I maledetti avevano puntato due facili cascate a 100 mt dalla macchina altre 70 metri l’una e di cui non si sapeva nulla. Un po mugugnando mi ritrovo ingaggiato e  slegato (“tanto è banale…”) sulla prima con le ultime luci  e sulla seconda (stavolta legato) in piena notte. Scopriremo poi a cena di aver fatto una prima salita a cui daranno il nome di Moskugólfið  e la difficoltà II/2 e di aver ripetuto Altarisgangan (II/3 o forse qualcosina in più perche secchina), il tutto si conclude con una Pizza ed un Aurora Boreale.
Il giorno successivo Bjartur si aggrega ad un altro gruppo mentre io e Matteo prima di concludere il viaggio si va in perlustrazione Turistico/Glaciale alle ice cave del Vatnajökull Glacier, giornata non scalatoria ma semplicemente spettacolare.
Il Venerdi il Festival comincia, i partecipanti sono motivati e tanti (oltre 40), ma la meteo è disastrosa, nebbia e acqua a catinelle. Dopo un tentativo di raggiungere due cascate nuove naufragato perchè non riuscivamo a guadare un fiume si decide di fare più foto possibili e puntare tutto sul giorno dopo quando la meteo da secco, sole e freddo. Percorrendo la statale ci appare un mostro di ghiaccio alto 200 mt, lì per lì l’adrenalina parte a mille ma dopo 10 minuti scopriamo che è una delle poche cascate gia scalate, Albatros, salita niente popò di meno che da Albert Leichtfried in una delle tante spedizioni Islandesi.
Lì a fianco però ci sono altre due linee non salite che da lontano sembrano mooolto interessanti un murone largo e una fine linea fatta da tre candele sovrapposte. L’alba di sabato ci vede così risalire il pendio di attacco fino alla più larga delle due che scaliamo in 4 tiri per circa 120 metri e che si dimostra con ghiaccio a tratti delicato e più verticale del previsto per una difficolta sul 4+.
Felici dal pianoro sommitale installiamo la prima abalakov e cominciamo le calate quando succede il patatrac, una delle mie picche si sgancia dal portamateriale e finisce di sotto con un bel salto. Ahh Disastro! Faccio le restanti 2 doppie con la paura di averla persa o danneggiata quando la vedo 50 metri sotto il canale di attacco piantata come excalibur, forse non tutto è perduto.
Veloce corsa in discesa, estrazione della spada, pardon picca, e controllo della stessa, sembra ok, si può continuare.
Proviamo ad attaccare dunque la successiva cascata, 50 metri a dx, e mando avanti Matteo sui primi due tiri per saggiare la piccozza. La cascata si dimostra subito impegnativa ma Matteo risolve agilmente  le prime due candele portandomi sotto la terza, qui la tentazione è troppo forte e decido di partire da primo. Vuoi la stanchezza, vuoi il ghiaccio liscio e duro sarà una bella lotta su questi 15-20 metri verticali, ma ne esco vincente e sosto dopo altri risalti facili alla fine del salto finale. Sta facendo buio ma la voglia di concludere è troppo grande, frontale montata per ogni evenienza scaliamo l’ultimo tiro e ci ritroviamo sul pianoro sommitale, da qui riprendiamo le calate della cascata precedente (con qualche problema a ritrovare i fori delle Abalakov) e tre rapide doppie ci riportano agli zaini e da li di corsa alle macchine per concludere la giornata con grandi festeggiamenti al paesino di Breidalsvik.
Sono nate così Gengið í svefni  (II/4, traduzione de “Il sonnambulo” solo chi era al festival può capire…) e Triple step (II/5).
Il giorno dopo la meteo è di nuovo disastrosa e decidiamo di non scalare e rientrare a Reykjavik visto che alle 6 del Lunedì ho l’aereo che mi riporterà a casa.
In definitiva un viaggio fantastico che mi ha portato a vedere altri posti di questa meravigliosa isola, un vero paradiso per i ghiacciatori (ma anche per gli scialpinisti…) e per gli amanti della natura. Grazie di cuore a Matteo, Sara e tutta la famiglia che mi hano sopportato ed a tutti gli amici locals che non mi hanno maifatto sentire un estraneo, alla prossima.
Grazie di cuore a Zamberlan ed ai suoi i fantastici eiger 3000 lite.

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